Grazie ad un gruppo di giovani architetti usciti dal corso speciale di architettura del Regio Istituto di Belle Arti, agli inizi del Novecento anche nel panorama architettonico parmense si manifestò la fioritura del Liberty.
Forse non tutti sanno che nella nostra città ci sono ottimi esempi di questo stile, considerato rivoluzionario all’epoca e che pertanto, almeno sul nostro territorio, fu sempre accostato al più tradizionalista stile Neo-Gotico. A Parma è dunque possibile vedere buoni esempi di Liberty e Neo-Gotico fianco a fianco, come le finestre pseudo gotiche in strada al Duomo – angolo via Cavour - e il decorativismo del Palazzo delle Poste via Pisacane. Ma anche l’”insospettabile” Stadio Tardini riserva qualche “sorpresa”, così come le sedi di aziende quali Bormioli o il mobilificio Guastalla. P.
Durata 2 ore circa
Percorso:
V.le Toschi – v.le Bottego –v.le Mentana- via del Prato- p.le D’Acquisto – p.le S.Francesco (sosta)- s.da S.Anna – p.za Duomo – s.da Duomo – via Pisacane (sosta) –s.da Garibaldi – p.za Steccata (sosta)-via Mazzini – s.da della Repubblica – p.le Vittorio Emanuele II – v.le Tanara – via dell’Arpa (sosta)- via Emilia Est- via Paganini –v.le Partigiani d’Italia - Stadio Tardini (sosta) – via Pelacani - v.le Rimembranze – via Passo Buole – s.ne Martiri della Libertà (sosta Palazzo Provincia) – v.le Berenini – v.le Basetti –v.le Toscanini – p.te di Mezzo – p.za Corridoni (sosta)-via dei Farnese –Parco Ducale
Parma Borgo del Correggio – negozio con portale liberty
Parma Borgo del Correggio – negozio con portale liberty
Nel territorio comunali sono presenti numerose ville.
Villa Pirotta (via A. Pirotta): progettata nel 1902 dall’architetto comasco Federico Frigerio e realizzata subito dopo, considerata come una “piccola Versailles”. Oggi è abitata dai discendenti del chimico Alberto Bonacossa.
Villa Giuliani (via Roma): risalente al secondo periodo del liberty e di proprietà della famiglia fondatrice dell’omonima casa farmaceutica; oggi è sede della sezione locale dell’Associazione Nazionale Alpini e viene utilizzata per eventi di vario genere.
Villa Orlandi (via Pissarottino): sorta durante l’ultima stagione del liberty, presenta decorazioni e graffiti diversi per ogni lato.
Villa Marinoni (via Pissarottino): costruita alla fine degli Anni Dieci del XX secolo, è una villa sviluppata su tre piani.
Villa Farneti (via G. Scalini): edificata dopo la Prima Guerra Mondiale; presenta una torre panoramica quadrata.
Se mai è esistito un mezzo di trasporto in grado di portarvi in vacanza in 10 minuti, quella è la funicolare di Brunate. Mettiamo il caso che vi troviate nei paraggi della stazione Como Lago, con una sana voglia di primavera e di partire ma con poco tempo e pochi euro in tasca, vi basterebbe fare due passi verso Villa Geno per raggiungere inaspettatamente il vostro punto di imbarco. Senza troppa fatica, vedrete tra un ristorante e l’altro spuntare una casetta in legno e mattoni popolata da persone vestite da trekking e orientali armati di macchina fotografica, è la partenza della funicolare che conduce dal centro di Como al paesino Brunate, che – per iniziare a farci un’idea su quel che ci aspetta – è soprannominato balcone delle Alpi e giardino di Como.
Se da piccoli eravate amanti di trenini, tunnel e montagne russe non potrete che apprezzare i sette minuti di viaggio all’interno di BRUco, la carrozza lilla, o bruCO, quella rossa, che fanno la spola dal lago alla montagna su una pendenza che a tratti supera il 50%. Quelli su cui viaggiamo oggi sono treni moderni, con gli interni in stile liberty e ampie vetrate per guardare il paesaggio, ma la prima funicolare andava a vapore ed è stata realizzata alla fine dell’800. La sua costruzione volle dire molto per la Brunate dell’epoca, che dopo anni e anni di semi-isolamento nel giro di trent’anni conobbe molti personaggi interessanti del calibro di Boccioni e Mascagni che insieme ad alcuni uomini facoltosi del tempo costruirono le proprie ville per le vacanze estive.
Sommiamo la presenza di queste architetture fantastiche e senza tempo a una posizione a dir poco panoramica sul Lago di Como e avremo la ricetta finale che fa di Brunate un bacino di bellezza inesauribile. Fortuna vuole che questa meraviglia sia proprio a portata di mano, perciò appena scesi dalla funicolare ci basta fare due passi per imboccare via Roma e incominciare in pompa magna il nostro percorso con Villa Cantaluppi Giuliani e i suoi ricchissimi ornamenti in stile liberty e le eclettiche Villa Calderini e Villa Ghezzi.
La vista di tutta questa magnificenza ci fa brillare gli occhi ma c’è qualcosa che, complice il caldo e la naturale predisposizione per l’aperitivo, cattura in fretta la nostra attenzione: si tratta della fontana Campari. Anche la famiglia produttrice della famosa bevanda fu catturata, infatti, dal fascino di Brunate e giustamente fuori dalla propria villa decise di costruire un appropriato angolo di ristoro.
Sbollito l’entusiasmo, ci rimettiamo in marcia alla volta di via Pissarottino che oltre a farci conoscere i fasti passati ci condurrà ad un belvedere che più panoramico non si può. Il percorso è una coccola per i sensi, a parte la vista già ampiamente gratificata, possiamo sentire i primi profumi della primavera e un silenzio assoluto che da solo vale come vacanza. Attraversiamo giardini rigogliosi, ciliegi e peschi in fiore, pini profumati che lasciano passare il sole.
Due signore ci danno indicazioni in dialetto e finalmente raggiungiamo la piccola fonte del Pissarottino che ci introduce ad una delle viste più belle del Lago. Da qui si riescono ad ammirare la prima parte del Lario, Villa d’Este, Villa Erba e il Monte Rosa.
Questo posto è veramente rilassante, decidiamo di andarcene dopo più di un’ora e solo perché il Sole sta per tramontare. Per chiudere in bellezza prima di tornare alla funicolare passiamo da Villa Pirotta, un bel mix di barocco e liberty realizzato da alcuni tra i professionisti più illustri del primo ’900, che hanno saputo interpretare il gusto a dir poco lussuoso dei proprietari con un magnifico giardino, belle ringhiere e un ingresso scenografico.
Questa è l’ultima tappa della nostra vacanza a Brunate, è durata soltanto un pomeriggio ma qualcuno non diceva che il tempo è relativo?!
La passeggiata del Fai tra gli edifici Liberty a Novara inizia dall’ISTITUTO MUSICALE BRERA (Viale verdi 2 – Ing. Alessio di Canosio – 1903-1906). E’ uno dei primi esempi di Floreale a Novara di chiara derivazione austriaca. A parte le belle fasce in altorilievo che alludono costantemente ai simboli musicali come garbato segno dei compiti assolti dall’Istituto, vanno osservate con attenzione le facciate ovest, nord e sud, di grande qualità compositiva. L’edificio ha particolari degni di nota fra i quali il fastigio bronzeo di facciata, le lampade che lo affiancano, le opere in ferro (ringhiere e inferriate) ed i serramenti di ingresso ed interni, oggi riportati alla loro espressione originaria.
1 – CASA FRANCIONI (Viale Verdi 8 – Arch. Angelo Crippa – 1924)
Edificio tipico delle aree di ampliamento di quell’epoca. Di limitato interesse planivolumetrico l’edificio presenta Interessanti i simpatici decori “Sezession” per altro mescolati ad altri di sapore più inglese. Da notare la stilizzata “Suonatrice di lira” di schietta ispirazione viennese.
2 – VILLA ex CAPELBADINO (Via Rosmini angolo Via Scavini)
Ottimo esempio di come l’epoca lavorava le superfici. Specie nei lati della torretta i risalti, i rientri e gli incavi muovono i volumi con gran senso plastico e senza necessità di troppi decori speciali. E’ però meno puro dell’esempio precedente: persistono elementi romantici di un’epoca ormai superata. L’adesione al Liberty è più evidente nell’andante ricurvo dell’ingresso porticato.
3 – CASA FIORENTINI (Via XX Settembre angolo Via Dante – Ing. Giuseppe Passerini 1907/10)
Splendido esempio di tendenza floreale – qui il progettista adotta l’ireos – studiata lungamente perfino con l’aiuto di un modellino in legno. Il gusto è sicuro tanto che il fiore è sempre lavorato con padronanza anche se con modi diversi: a “cesto” nei capitelli, a “bouquet” nelle ghiere delle arcate, “a correre” nei contorni delle porte, con una trattazione delicata e sapiente che rende lieve la materia cementizia. Una magnifica soluzione d’angolo, di spiccato gusto parigino, risolve felicemente le difficoltà dell’area e della strada in forte pendenza.
4 – CASA ROSINA (Baluardo Q. Sella – Ing. Mario Rosina – 1903/1907)
L’ing. Mario Rosina, parente di Otto Wagner, studiò a Bonn ed ebbe frequentazioni Viennesi. Qui accoglie anche suggestioni franco-belghe. Casa Rosina spicca per la grande finestra hortiana e il motivo delle rose (riproposti con maggiore ripetitività nella facciata su Via Santa Chiara), forse anche per una compiaciuta allusione al suo cognome. Anche negli interni il decoro liberty si estende dagli stucchi dei soffitti alla balaustra della scala in ferro battuto.
5 – CASA OTTINA (Corso della Vittoria angolo Via Solferino)
Grande edificio che coniuga con maestria gran parte dell’alfabeto “Déco”. Che qui è asciutto, con flessuosità limitate ma graficamente perfette nelle sue parti geometriche in cemento che decantano molti vezzi del gusto precedente; dunque non più ringhiere metalliche lavoratissime, piastrelle, vetri colorati e quant’altro. Bensì dettagli graficamente eleganti, “lavorati” con assoluto nitore essenziale, che qua e là ricorda anche la particolare corposità della pittura dell’epoca.
6 – CASA DELLA PIANA (Corso della Vittoria 14 – Ing. Mario Rosina)
Qui il progettista ricava, dal motivo della rosa, una diversa e particolare scioltezza decorativa nelle cordonature e nei tipici andamenti mistilinei degli steli sotto balcone.
7 – CASA ZEGNA (angolo delle ore – Ing. Giuseppe Bronzini)
Certamente il più “colto” esempio a Novara di quel periodo e di spiccata influenza “Jugendstil” e “Sezession”. Le sue ringhiere, decorative e funzionali, sono così convincenti da anticipare addirittura il Dèco ed il razionalismo. La facciata dialoga con sensibilità perfetta tra ghirlande, sporgenze e materiali per impaginare nel modo migliore gli affreschi sotto gronda (del Bonomi) e le grandi campiture verde-oliva. Un colore che, da solo, fa già “Belle Epoque”.
8 – CINEMA VITTORIA (portici di Via Rosselli)
Purtroppo il garbo dei suoi interni è sparito. Rimangono soltanto i bassorilievi della facciata sottoportico.
L’itinerario inizia da Porto San Giorgio, località costiera distante 28 km da San Benedetto del Tronto. Dalla stazione ferroviaria ci si immette verso nord lungo via Cavallotti, dove diversi edifici di fine Ottocento ricordano i primi eleganti sviluppi del turismo balneare. Il gusto floreale della belle époque si ritrova, in particolare, nelle ringhiere di ghisa e cemento dei balconi e in alcune cancellate. Svoltando a destra si incontra il vero e proprio quadrilatero del liberty sangiorgese: scanditi da pini marittimi e oleandri, tre viali paralleli al mare (via della Vittoria, via Quattro Novembre e Lungomare Gramsci) conservano decine di deliziosi villini dei primi del Novecento con alcuni tipici fregi architettonici e pittorici. Ritornati alla stazione, ci si dirige verso la strada statale 16 Adriatica: all’incrocio, l’occhio cade sulla facciata, decorata da maioliche con motivi floreali, della Premiata Fabbrica di Anisina Francesco Olivieri, bell’esempio di elementi liberty applicati a un edificio industriale.
Si lascia Porto San Giorgio proseguendo verso sud lungo la statale Adriatica. Su questa strada, percorsi 20 km, si arriva nell’abitato di Cupra Marittima e si scorge sulla destra la soprendente sagoma di Villa Cellini, singolare esempio di architettura neogotica di imponenti dimensioni, immersa nel verde. La struttura, oggi adibita a ospitare cerimonie e banchetti, dimostra come fosse ancora attuale a inizio Novecento l’eclettismo architettonico avviato nel secolo precedente, improntato al recupero libero e fantasioso di stilemi antichi.
Ancora 4 km verso sud e si giunge alle porte di Grottammare, dove si volta a sinistra verso la stazione ferroviaria. Da qui si compie un percorso ad anello che, dopo aver attraversato il centro cittadino, ritorna all’origine con una passeggiata sul lungomare. La “marina” di Grottammare è la più interessante tra quelle del Piceno per l’eleganza del suo patrimonio edilizio e per la bellezza di alcuni angoli prospicienti il mare.
Di nuovo, è attorno alla stazione che si sviluppa il quartiere con le testimonianze Liberty più numerose. Adiacente alla linea ferroviaria, degradando dolcemente di livello verso il centro cittadino, si estende la pineta Luigi Ricciotti, intitolata all’amministratore locale che nell’ultimo quarto dell’Ottocento fu tra i principali artefici della trasformazione della cittadina in elegante e attrezzata destinazione turistica. Lungo viale Crucioli, che costeggia la pineta, Palazzo Talamonti e Palazzo Crucioli si caratterizzano per i decori floreali sulle balaustre in ghisa dei balconcini, secondo lo stile di inizio Novecento. Il viale sbuca su corso Mazzini, da cui si raggiunge piazza Fazzini, dove sorge il maestoso Palazzo Citeroni, degli anni Venti del XX secolo. Da qui si entra in via Marconi e quindi si gira nuovamente a sinistra, imboccando verso il mare viale Garibaldi. Entrambe queste vie sono caratterizzate da villini e da palazzi di fine Ottocento aggraziati da dettagli in stile hortiano alle finestre e ai balconi. Giunti sul lungomare della Repubblica, si può deviare verso sud per un centinaio di metri e poi, a ritroso, dirigersi nuovamente verso nord: è questo il modo migliore per ammirare un’importante serie di villini con ampio giardino, edificati in genere intorno agli anni Venti come residenze di villeggiatura di professionisti e imprenditori. La maggior parte è segnata dai tratti del tardo liberty: quasi tutti presentano la caratteristica torretta dalle forme plastiche, fregi floreali ai balconi e alle finestre, e talvolta ornamenti in maioliche policrome.
Giunti alla rinnovata piazza Kursaal, suggestiva apertura in travertino sul mare con giochi d’acqua e di luce, si imbocca viale Colombo. Datato 1890 e sobriamente ristrutturato a fine Novecento, questo tratto di città è il più denso di testimonianze liberty grazie a splendidi esempi di residenze turistiche a ridosso dell’arenile, sorte tra il primo e il quarto decennio del secolo scorso. Le più antiche richiamano, in chiave esotica, lo stile delle baite di montagna, con i tetti spioventi (presenti anche in alcune ville sul lungomare della Repubblica), o rivisitano in modo altrettanto originale i castelli merlati rinascimentali (Villino Marucchi); qualche anno dopo si impongono maggiormente i tratti sofisticati dell’art nouveau nordeuropeo, evidenti nelle torrette (si notino ad esempio le due del Villino Ida), nei decori con maioliche o affreschi esterni, nei motivi floreali delle ringhiere e degli stucchi. Tra i migliori esempi del liberty in Italia va però ricordato il Villino Matricardi, fatto costruire dal principale produttore di maioliche ascolane dell’epoca, Giuseppe Maria Matricardi, che lo commissionò nel 1913 a Cesare Bazzani, già autore della Biblioteca Nazionale di Firenze e della Galleria d’Arte Moderna di Roma. Splendide le forme del torrino dal tetto aguzzo e dei balconcini in cemento, e intenso è il blu della maioliche dipinte con disegno di melograni dagli artisti Polci e Castelli.
Tornati alla vicina stazione tramite il sottopasso ferroviario, si riparte alla volta di San Benedetto del Tronto, la maggiore città costiera del Piceno. Percorso il lungomare di Grottammare per 5 km e superata una grande rotatoria, senza soluzioni di continuità ci si immette nell’elegante via Dari, sulla quale ville e palazzine di inizio Novecento accolgono, tra le palme e gli oleandri, il visitatore. Svoltando a destra nel viale che scende dalla stazione, si taglia il corso Moretti e si prosegue dritti in via Bassi, dove alcune residenze presentano piccole torrette e ringhiere decorate. Da qui, a piedi, si raggiunge con facilità l’inizio del lungomare, dove spiccano Villa Bozzoni e il Villino Sorge, che presentano alcuni dei consueti elementi decorativi del liberty.
Terminato il giro nel centro di San Benedetto, l’itinerario si conclude ad Ascoli Piceno, che si può raggiungere agevolmente, nonostante i 36 km di distanza, tramite la strada sopraelevata e quindi il raccordo autostradale. Nel cuore del capoluogo piceno, la meravigliosa piazza del Popolo, c’è il Caffè Meletti, fondato nel 1907 dall’omonimo produttore del celebre liquore all’anice. Vera e propria istituzione cittadina, il locale, elencato tra i caffè storici d’Italia, conserva ancora gli arredi d’epoca: le sedie in paglia di Vienna di tipo Thonet che circondano piccoli tavoli rotondi dal disco in marmo di Carrara, il bancone di legno intagliato e i divani rivestiti in velluto verde che si riflettono nelle ampie specchiere addossate alle pareti, il soffitto affrescato da Pio Nardini sorretto da colonne scure di ghisa con capitelli dalle forme di frutti. Non molto distante, in corso Mazzini, si trova il Palazzo della Cassa di Risparmio di Ascoli Piceno, realizzato nel 1914 in stile neo-rinascimentale su progetto di quell’architetto Bazzani che l’anno prima aveva disegnato il Villino Matricardi a Grottammare.
Itinerario n. 3 con inizio in piazza Maria Adelaide di Savoia
1. via Eustachi 6
2. via Maiocchi 14
3. via Stoppani 11
4. via Zambeletti 4
5. via de Filippi angolo via Broggi 20
6. via Broggi 17
7. via Eustachi 31
8. via Plinio 20
9. via Plinio 12
10. via Plinio 2
11. via Ozanam 4
12. P.le Bacone 6
13. Viale Abruzzi 35
14. Via Paracelso 2
15. Corso Buenos Aires 66
16. Via Piccinni 23
17. Via Stradivari 1
18. Via Stradivari 6/8/10
19. Via Stradivari 7
20. Viale Abruzzi 87
21. Via Pecchio 6
Via Eustachi 6, Casa Alberici, 1911, Ing. A. Ambrosini
Alla composta geometria e rigidità di tessuto della facciata fa riscontro una libertà compositiva di molti particolari costruttivi e decorativi: la simmetrica ma varia disposizione dei balconi, la diversità decorativa delle preziose balaustre del terzo piano, l’introduzione di elementi cromatici nella geometria costruttiva, con l’adozione di fasce di piastrelle colorate al primo e all’ultimo piano. Esemplare la libertà di disegno nei contorni delle finestre, varianti da piano a piano pur in una coerente simmetria di disposizione e di proporzioni. (AL)
Via Maiocchi 14
Esempio molto caratteristico nella casistica liberty milanese, nello stile corposo che ricerca effetti chiaroscurali facendo ricorso a un modellato altorilievo in cui è frequente l’uso di superfici curve.
L’edificio, che si articola con marcato ritmo verticale, vede l’alternarsi in successione serrata di tagli finestrati collegati da sagomature diverse e strette lesene fermate alle estremità da elementi scultorei che si intersecano a nastro in corrispondenza dei marcapiano: ne risulta una scansione anche orizzontale della facciata che incrocia il ritmo verticale in felice risultato compositivo e la suddivide in due ordini di campiture cui si aggiunge in basso l’alto basamento bugnato. Qui, forse più che altrove, è presente l’abilità tecnicistica che ricerca mezzi diversi di rappresentazione espressiva per legarli in un risiltato perfettamente coerente con la struttura. L’uso del cemento nei balconi, nelle cordonature, nei contorni, nelle fasce e nei mascheroni è veramente caratteristico nei suoi risultati. (AL)
Via Stoppani 11
Questa facciata si impone per la ricerca decorativa e compositiva esplicata, pur con povertà di mezzi espressivi, soprattutto tra i secondo e il terzo piano. Qui è infatti interessante osservare il ben congegnato rapporto architrave-balconcino tra le finestre sovrapposte che dà luogo a un originale dettaglio dove risultano perfettamente fuse invenzioni tecnico-compositive e decorative. Il motivo ricorrente del girasole, abilmente trattato e variamente composto nei lunettoni che si alternano tra le finestre, rivela la genialità di un’inventiva abile nel cimentarsi con le capacità espressive di un solo materiale, il cemento. Anche i coronamenti delle rimanenti finestre, come pure quelli dei negozi, si forgiano in forme bizzarre ma sempre perfettamente coerenti con lo stile adottato, offrendo, insieme a parapetti e balaustre, una riuscita casistica di elementi costruttivi e tecnologie architettoniche. (AL)
Via Zambeletti 4
Anche quest’edificio, pur improntato a un’edilizia a carattere popolare, sviluppa interessanti dettagli soprattutto nei balconi al primo piano e nei decori a motivi floreali dei cementi e dei ferri battuti. (AL)
Via de Filippi angolo via Broggi 20
Palazzo lineare rotto dalla sporgenza al pianoterra con terrazzo e piccoli inserti quadrati di ceramica ai lati superiori delle finestre. Chiusura alta con cotto. (ML)
Via Broggi 17, Casa Tavecchio, 1905
Grosso fabbricato che forma un isolato affacciandosi anche sulle vie Morgagni e De Filippi. Banale nelle linee compositive, sviluppa interessanti dettagli nelle balaustre in ferro battuto, negli sporti dei balconi e nelle cornici delle finestre. In particolare, alle finestre del primo piano si aggraffano curiosi motivi naturalistici che fissano il davanzale alla fascia sottostante. (AL)
Via Eustachi 31, Casa Way
Lo stabile rappresenta l’esempio più significativo della strada, malgrado i connotati rivelino tendenze novecentiste. Più autenticamente liberty risulta il portalino d’ingresso, graziosamente incorniciato a due figure muliebri a bassorilievo. (AL)
Via Plinio 20, Casa Turba, 1910
Edificio modesto, in cui il garbato coronamento di finestre e balconi raccorda in continuità ascensionale i tagli dei vari piani.(AL)
Via Plinio 12, Casa Maltagliati, 1908, Ing. L. Ferrari Moreni
Imponente fabbricato con sviluppo angolare su due strade. Qui la decorazione carica dei cementi insiste in lunghe fasce sulle piattabande dei negozi e sul marcapiano alla sommità dell’edificio, dove in particolare modo si fa più ricercata sia nel disegno floreale a inserti, sia nell’aggiunta delle testine Jugendstil in corrispondenza delle paraste. L’edificio è caratterizzato inoltre da una ricerca cromatica attuata mediante l’uso di materiali diversi, quali cotto, pietra, intonaco, che danno particolare risalto alla campitura centrale. (AL)
Via Plinio 2, Hotel Plinius
Caratteristico edificio d’angolo in cui la facciata corta presenta un esilissimo sviluppo. In tal modo il fabbricato assume un aspetto svettante cui si oppone l’accentuata sporgenza di gronda sottolineata e sorretta da un complicato sistema di mensole. La rigida geometria della facciata si accompagna a una decorazione lineare e contenuta, forse già uno stile umbertino, come incontreremo anche nella maggior parte degli edifici fronteggianti la stessa Via. Particolare interessante, la pensilina in ferro sopra l’ingresso. (AL)
Via Ozanam 4, Casa Frisia, 1908
L’originalità di questa facciata risiede nella differente accentuazione cromatica e compositiva impressa alla stretta campitura centrale. Essa si impreziosisce di elaborati elementi architettonici illegiadriti da una ricca quanto insistente decorazione floreale.(AL)
P.le Bacone 6, 1908, Arch. A. Fermini
La facciata si caratterizza per la ricca decorazione scultorea che si avvale eminentemente di figure, A tutto tondo sono infatti le cariatidi che, sedute al sommo delle paraste, sorreggono il cornicione, e a tutto tondo anche i putti ricavati nella balaustra in cemento, mentre a bassorilievo sono le eteree figure abbracciate (quasi un Paolo e Francesca tratti da una incisione di Dorè) che si insinuano nella tormentata decorazione dei parapetti delle finestre tripartite. Sia gli ornati che le sculture, come anche il disegno degli elementi costitutivi della facciata, denotano un tratto che si svincola dagli influssi art nouveau e Jugendstil affermandosi con una personalità nuova. (AL)
Viale Abruzzi 35, 1910
Uso civile abitazione. (ML)
Via Paracelso 2
La composizione simmetrica della facciata è stranamente bilanciata dall’elemento verticale di destra che prosegue oltre la copertura come una torretta. Qui anche il ritmo delle finestre subisce una modifica, componendosi secondo i differenti spazi e dando luogo a tipologie diverse di aperture. L’edificio rappresenta un tipico esempio di liberty nostrano: floreale nelle fasce stilizzate che diventano anche elemento costruttivo nei parapetti al primo piano, con reminiscenze orientali nella decorazione che si insinua nei timpani. (AL)
Corso Buenos Aires 66, Casa Centenara, 1905, Arch. G.B. Bossi
L’accuratissima esecuzione tecnica della costruzione, propria dell’architetto Bossi, e l’impostazione quasi classica del disegno compositivo della facciata sono valorizzate da molti elementi caratteristici dell’architettura liberty milanese, che ne impreziosiscono la composizione.
La sottolineatura del piano terra con l’evidenza di un solido bugnato e la fascia listata al primo piano sono stranamente divise fra loro da una serie di bugnature curvilinee di sicuro effetto plastico e architettonico. Questi motivi, così evidenti nel disegno della facciata e così determinanti per la sua composizione, sono purtroppo in parte scomparsi in sede esecutiva: il piano terreno è stato semplificato e inoltre è oggi incredibilmente deturpato da una serie di enormi inconsulti cartelli e insegne pubblicitarie.
Dopo la zona più sobria dei due piani intermedi l’ultimo piano riacquista peso e valore con il ricco motivo floreale e figurativo dei bassorilievi in cemento che contornano le finestre e con il geometrico elemento decorativo che quasi raccorda le finestre a quelle sottostanti. Tutti elementi sapientemente inseriti i quali personalizzano con caratteri tipici la costruzione che nel suo disegno compositivo avrebbe un rigido schema di sapore secessionista. Molto meno curato e riuscito che in altre soluzioni di Bossi risulta lo schema di pianta; qui la preoccupazione di un intenso utilizzo dell’area disponibile ha portato alla soluzione di due corpi(affacciati su due cortili interni) e di quattro corpi semplici e serviti da ben sei simmetriche scale: ma i locali risultano tutti simili in una monotona disposizione e in un indifferenziato dimensionamento che sembra lasciarli disponibili per le destinazioni più diverse. (AL)
Via Piccinni 23, 1910
Uso civile abitazione. (ML)
Via Stradivari 1, Casa Ingegnoli, 1915
Un corposo isolato che si staglia imponendo un carattere deciso, con blocchi squadrati alla base sormontati da un ricco rilievo che si ripete in maniera meno drammatica sui balconi in cemento. (ML)
Via Stradivari 6/8/10, Casa Pellini e Ronchetti, 1913
La strada è interessante in quanto raccoglie tipologie diverse di edifici improntati a un tardo liberty, quasi un momento di transizione in cui la decorazione si restringe entro precise campiture per lasciare maggior spazio a una impostazione architettonica sobria.
Al n. 1 la ricca decorazione a frutta si impone in maniera massiccia, arricchendo la facciata di valori chiaroscurali. Il grande edificio comprendente i numeri civici 6/8/10, articolato secondo tre campiture, vede l’alternanza di motivi a bassorilievo impostati su un impianto architettonico austero. (AL)
Via Stradivari 7, 1925
Alterne campate con cronicità contrastante e inserimento di due verticali bow-windows a forma di torre. Raccordo superiore con lungo terrazzo. (ML)
Viale Abruzzi 87
L’edificio si sviluppa armoniosamente su due fronti raccordati da un curioso elemento a torre che ben si incunea nell’elegante ritmo della facciate. L’abilità del disegno, nell’accostamento di tipologie diverse di finestre e di diversi elementi costruttivi, e un uso dosato della decorazione rivelano una personalità affermata. (AL)
1. via Pergolesi 16
2. via Settembrini 43
3. via Petrella 32
4. via Petrella 14
5. via Settala
6. via Settembrini 40
7. via Settembrini 38
8. via Vitruvio 39
9. via Settala 35
10. via Settembrini 11
Via Pergolesi 16, Casa Ciapessoni, 1909, Arch. A. Speranza
L’originalità di questa facciata risiede essenzialmente nella fascia terminale, dove curiose finestrature circolari e tripartite si susseguono in capricciosa alternanza tra lesene, fregi e ghirlande in un tripudio liberty che rieccheggia il modello adottato nell’ex-Trianon. Questa esplosione di estro creativo è tanto più accentuata in quanto si manifesta quasi inaspettatamente al termine di una composizione che si svolge nobile e precisa nel disegno senza mai indulgere a svolazzi floreali o a eccessi decorativi. Parrebbe quasi di riconoscervi la mano del Cattaneo (autore appunto dell’ex-Albergo Trianon), oltre che per l’originale invenzione delle finestrature rotonde, anche per il taglio schiettamente secessionista impresso alla facciata. (AL)
Via Settembrini 43
L’edificio ricalca il modulo viennese austero e marcato in una prevalenza di vuoti sui pieni. (AL)
Via Petrella 32
Via Petrella 14, Casa Torniamenti, 1899 (Arch. A. Campanini)
Imponente caseggiato fronteggiante tre strade, nel quale il ricorso alle partiture verticali costituisce un efficace sistema di alleggerimento della massiccia volumetria. Le alte paraste si raccordano in una fascia continua sottogronda impreziosita da inserti in ceramica riproducenti vivacissimi iris. Le diverse campiture vedono l’alternanza di finestre e balconi in cui architravi e ringhiere sviluppano svariati disegni. Anche l’uso di materiali differenti aggiunge valore cromatico alla facciata: cotto e pietra si alternano in una composizione che vede il sapiente inserimento di piastrelle a motivi geometrici o floreali. (AL)
Via Settala
Via Settembrini 40, Casa Hahn, 1912
Esempio nobilissimo e accurato nei dettagli, in cui primeggiano elementi cari al liberty, come il pavone che sorregge con grazia il balconcino ricurvo che si imposta a mo’ di tribuna all’ultimo piano. (AL)
Via Settembrini 38, Casa Hahn, 1903
Identica all’edificio di via Paracelso 2.
Via Vitruvio 39, Casa Macchi e Lanfranconi, 1906
Vivace esempio caratterizzato da un accentuato cromatismo realizzato mediante un ricco disegno di facciata. Tale disegno si avvale non solo di uno schema ricorrente che prevede l’accentuazione delle fasce terminali e della fascia d’angolo con campiture diverse di colore e maggior importanza di dettagli tecnici, ma anche dell’introduzione di lesene e piattabande accentuate variamente dall’uso del mattone e di una frastagliatissima decorazione che tormenta ogni spazio della facciata. (AL)
Via Settala 35, Casa Ponti-Cassarini, 1909, Ing. A. Mella (poi Bonfantini e Provasi)
Interessante facciata dal ritmo verticale scandito dal taglio elegante di finestre e balconi. Le fasce marginali si arricchiscono di pregevoli ornati a bassorilievo. (AL)
Via Settembrini 11, Casa Felisari, 1914, Arch. G.U. Arata su commissione della Pathé Cinemà
L’edificio presenta un’impostazione architettonico-strutturale e un impiego di materiali analoghi al più celebre edificio di via Cappuccini, dove però la ridondante decorazione scultorea contribuisce a personalizzare i tratti goticizzanti. Mancando qui tale decorazione, l’edificio si presenta come un curioso insieme di elementi gotici rielaborati secondo un gusto modernista cui la ben articolata struttura, ricca di complessi giochi volumetrici, conferisce particolare interesse architettonico. (AL)
1. viale Piave 42 – Hotel Diana
2. via De Bernardi 1
3. viale Piave 11/13
4. via Pisacane 12
5. via Pisacane 16
6. via Pisacane 18/20
7. via Pisacane 22
8. via Pisacane 24
9. via Modena 2
10. via Menotti 16/19
11. via Menotti 1
12. via Menotti 4
13. via Castelmorrone 8
14. via Modena 20
15. via Castelmorrone 19
16. via Modena 27
17. via Modena 28
18. via Modena 30
19. via Modena 21/23
20. viale dei Mille 68
21. viale dei Mille 27
22. via Pisacane 53/55/57
23. via Frisi 2 – Palazzina Liberty
24. via Malpighi 12
25. via Malpighi 3
Viale Piave 42, Hotel Diana, 1907, Arch. A. Manfredini
Via De Bernardi 1, Casa Alessio, 1905, Arch. G.B. Bossi
L’ampia fascia che si sviluppa ascensionalmente in corrispondenza dell’androne d’ingresso costituisce quasi una pausa al fitto susseguirsi di timpani e cornici di sapore classicheggiante. L’impronta secessionista, facilmente identificabile nella cadenza delle partiture, nel sapiente dosaggio della decorazione e nella trama della fascia centrale, è ancora riscontrabile nella parte alta della facciata. Qui la composizione si fa diversa, passando dall’aggraziato riquadro delle finestre del terzo piano, dove la linea ancora indulge a motivi floreali, alla più austera linearità delle finestre dell’ultimo piano, che sono collegate fra loro da una fascia decorativa continua di elementi geometrici e lineari alternati da grandi mensole sotto la gronda del tetto, cui corrispondono più in basso motivi a corona in forte rilievo. (AL)
Viale Piave 11/13, Casa Bossi, Arch. G.B. Bossi
In questo edificio Giovan Battista Bossi si cimenta in reminiscenze medievaliste e orientaleggianti con un risultato cupo nei bugnati, severo nei tagli e negli oggetti, curioso nei dettagli degli architravi e dei mensoloni. La composizione della facciata, dall’accentuato sviluppo orizzontale, è stata abilmente risolta caricando con una fitta sequenza di balconi variamente aggettanti e diversamente dimensionati. Questa soluzione, unitamente all’uso del bugnato a piano terra, all’articolata partitura dei vuoti sempre sormontati da caratteristici architravi e al fitto susseguirsi di teste leonine sottogronda, si risolve in uno spiccato effetto chiaroscurale che conferisce alla facciata un apsetto di particolare, pesante severità. Il cemento è usato con particolare abilità sia nei contorni e negli architravi delle finestre, sia negli elaborati motivi decorativi. (AL)
Via Pisacane 12, 1903, Arch. A. Campanini
Si snoda elegantemente riproponendo in tono pacato la linea nervosa di Horta e Guimard, che qui accarezza appena le finestre e si aggraffa ai balconi. Caratteristico della facciata è il dilatarsi della finestratura centrale in corrispondenza del portone d’ingresso, a formare una larga fascia tripartita secondo schemi diversi e un gusto prossimo ai modelli art nouveau. (AL)
Via Pisacane 16, 1902, Arch. A. Fermini
La decorazione fitomorfa si carica di un gusto churrigueresco nei pesanti calchi in cemento che inquadrano le finestre e delimitano i balconi e nei ferri battuti delle ringhiere che riprendono motivi arabeggianti. (AL)
Via Pisacane 18/20, Casa Cambiaghi, 1902, Arch. A. Fermini
Gli stessi arabeschi stilizzati troviamo in questa casa, dove le reminiscenze moresche più palesi nei motivi stellari ricorrenti nella decorazione e nelle archeggiature delle finestre, ora ribassate, ora curiosamente forgiate. Anche i balconcini stranamente sagomati che si alternano al penultimo piano e i pavoni che sovrastano in stretta successione le aperture del primo piano si inseriscono in questa particolare maniera liberty. Dai disegni risulta in particolare come nella composta facciata di questo stabile gli elementi decorativi di maggior pregio siano costituiti anzitutto dal prezioso e vario profilo delle balaustre dei balconi, con compositi motivi floreali stilizzati, da originali contorni di finestre che variano da piano a piano con elementi vegetali e animali ricchi di fantasia compositiva. La strano geometrico contorno dentellato delle finestre del secondo piano è sottolineato da un divertente seguito di rami e di foglie. (AL).
Via Pisacane 22, Casa Cambiaghi, 1903-04, Arch. U. Stacchini
Lo schema dell’architetto è riconoscibile dalla centratura delle balconate su cui si aprono finestre tripartite che si raccordano ai piani superiori con la parte mediana. L’effetto coloristico è ottenuto mediante una differente campitura: intonaco al centro, cotto ai lati. La decorazione floreale, che nei ferri battuti si avvale della maestria di Mazzucotelli, si rivela coerente anche nei disegni dei cementi che adornano le finestre. (AL)
Via Pisacane 24, 1903, Arch. U. Menni
La rigida composizione si basa su un efficace modulo della distanziatura dei vuoti.. Il motivo centrale delle tre finestre raggruppate è questa volta applicato evidenziando particolarmente l’aggetto di un solo balcone che, abilmente inserito, si staglia nel riquadro in cotto che caratterizza cromaticamente la facciata. (AL)
Via Modena 2
L’edificio si ricollega alla serie di via Pisacane; ne è anzi l’inizio, pur presentando un più ampio fronte su via Modena. Si articola mediante partiture che alternano in riuscito effetto cromatico campiture in pietra e in cotto. Misurata la decorazione in piattabande, buoni i ferri battuti che ne impreziosiscono l’insieme. (AL)
Via Menotti 16/19, Case Scagliotti e Croci, 1904, Arch. L. Croci
Le case, che si ripetono con identico schema, rappresentano un esempio di architettura popolare frequentemente ritrovabile nella zona Venezia. In realtà si tratta di manifestazioni ibride in cui elementi floreali si mescolano a elementi classicheggianti. (AL)
Via Menotti 1, Casa Bessani e Maroni, 1904
Il coloratissimo motivo floreale che si insinua negli architravi e tra le finestre è l’unico vivace accenno liberty in uno schema compositivo molto modesto. (AL)
Via Menotti 4, Casa Scagliotti, Croci e Regazzoni, 1912, Arch. G. Vanini
Caratteristico della facciata è il coronamento ad archeggiature scandite da teste di fauno. Anche qui il motivo delle lesene ripartisce la facciata. da paraste, (AL)
Via Castelmorrone 8, Casa Noel Winderling, 1907
L’edificio, seppur modesto, rivela una certa nobiltà compositiva nel rispetto dei moduli e spaziature e nella ricerca attenta sia di una trama di allineamenti sia di una originalità di disegno degli elementi costitutivi. Da notare a questo proposito l’aggraziata forma ricurva delle esili ringhiere al terzo piano. (AL)
Via Modena 20
Taglio geometrico sapiente aperture con decori non banali. Interessante balconata al sottotetto. Mostra un colore vivace (quasi arancio) con alternanza grigia (nella zoccolatura al piano terra e al primo piano). (ML)
Via Castelmorrone 19, Casa Frisia, 1908
Facciata modesta imperniata sullo stretto allineamento in verticale dei tagli finestrati; tale ritmo è reso esasperato dall’introduzione di paraste. Scarna la decorazione. (AL)
Via Modena 27
I mensoloni massicci del sottotetto corrono ininterrotti. L’angolatura è ancora risolta con la più fitta decorazione, anche se geometrica e scarna. Il colore rosa antico è identico a quello della casa di via Modena 35. (ML)
Via Modena 28, Casa Maggioni, 1909
Nobile facciata, ricca di dettagli originali e di preziosismi decorativi, che si imposta su uno schema centrale severo negli allineamenti dei tagli, fiancheggiato da due fasce terminali dove il disegno diventa più estroso. Qui la sequenza di larghe aperture si sbizzarrisce nella ricerca di tipologie diverse, riquadrate da inserti di piastrelle a motivi floreali e da ferri battuti graziosamente forgiati, fino a culminare nelle capricciose aperture dell’ultimo piano. Queste ultime si inseriscono abilmente nella cimasa dell’edificio in cui fanno spicco le campiture dorate delle ceramiche, sottolineate dal fregio floreale in cemento. Ancora in cemento si modellano i pesanti mensoloni che sovrastano le finestre dell’ultimo piano a sorreggere l’aggetto della gronda. (AL)
Via Modena 30, Casa Croci, 1909, Arch. L. Croci
L’edificio ricalca lo schema delle case all’angolo con via Ciro Menotti e delle case all’angolo con le vie Uberti e dei Mille, sempre dell’architetto Croci. Questo edificio risulta qualitativamente superiore per una maggiore cura dei dettagli. (AL)
Via Modena 21/23, Casa Sinigallia, 1910
Due palazzi che si allacciano attraverso l’interruzione centrale, con piccolo giardino. Caratteristica alta zoccolatura con motivo rigato e spaziature differenti. (ML)
Viale dei Mille 68
L’edificio appare forse alterato nelle pitture a medaglione dell’ultimo piano. Presenta comunque uno schema tipico dell’architettura del quartiere che si imposta su una banale concezione di facciata: essa acquista interesse con la caratterizzazione della fascia corrispondente all’ultimo piano. Qui infatti assume importanza la gronda, sottolineata da una serie di aquile in cemento abilmente inserite fra fregi e timpani; i balconi ricurvi in cemento si fanno ricercati nel disegno, mentre le pitture contribuiscono a porre in particolare evidenza la ricca composizione. (AL)
Viale dei Mille 27
L’edificio, evidentemente sopralzato, presenta nella parte inferiore una caratteristica partitura secessionista dalle ben ritmate cadenze compositive che si ricollegano nei due sensi, orizzontale e verticale, sempre secondo moduli e spaziature esattamente calibrati in un risultato egregiamente riuscito. Si noti come alla campata centrale, variamente articolata su uno schema orizzontale, suggerito dalle tre finestre allineate secondo pacati ritmi spaziali, faccia riscontro ai lati, la serrata successione in verticale delle finestre tripartite che, nella fusione dei tre tagli in uno,, suggerisce un più nervoso ritmo ascensionale. E’ ancora importante notare come elementi spuri, quali i timpani, non turbino il raggiunto equilibrio, quasi matematico, dei valori compositivi e spaziali; e come i dettagli decorativi poco o nulla aggiungano alla lettura di questo edificio che manifesta la sua adesione al movimento secessionista per la concezione compositiva. (AL)
Via Pisacane 53/55/57
Gli edifici sono in realtà un solo grande caseggiato dall’impianto severo, secessionista nel tagli ascensionale delle finestrature, nella decorazione contenuta e nel coronamento del frontone. (AL)
Via Frisi 2 – Palazzina Liberty, 1910, Arch. Tettamanzi e Mainetti
Via Malpighi 12, Casa Guazzoni, 1906, Arch. G.B. Bossi
Via Malpighi 3, Casa Galimberti, 1905, Arch. G.B. Bossi
Montecatini vanta molti edifici risalenti al periodo Liberty e Art Dèco ben conservati, tanto che la città consiglia di seguire un percorso che parte da Piazza del Popolo per poter scoprire le bellezze nascoste ma davvero uniche che la cittadina offre agli amanti di tale stile architettonico: un interessante itinerario culturale alla scoperta del liberty. Lungo Viale Verdi è possibile visitare il Palazzo del Municipio terminato nel 1920 ad opera di Raffaello Brizzi e Luigi Righetti che accoglie all’interno decorazioni di Galileo Chini e Luigi Arcangeli. Proseguendo per il Viale troverete il Cinema Excelsior costruito nel 1922 da Ugo Giovannozzi che rappresenta forse la testimonianza più fedele ai dettami del Liberty europeo con la tettoia a gettante in ferro e vetro e l’interessante soluzione della facciata curvilinea porticata.
Sul lato opposto del Viale troviamo il Padiglione Tamerici progettato nel 1903 da Giulio Bernardini per la vendita dei Sali Tamerici e il negozio della manifattura “L’Arte della Ceramica” fondata nel 1896 da Galileo Chini e decorato da quattro pannelli in gres di Domenico Trentacoste, raffiguranti le altrettante fasi della lavorazione della ceramica.
Continuando a risalire Viale Verdi sul lato opposto rispetto all’ultimo edificio segnalato si trova lo Stabilimento Excelsior, edificato nei primi anni del ’900 per volontà dell’onorevole Pietro Baragiola. Era nato come Caffè Concerto e Casinò, ma quando venne ristrutturato nel 1915 dal Bernardini fu adibito a stabilimento termale. Il corpo moderno dell’edificio inaugurato nel 1968 si trova più vicino al parco, quest’ultimo ha un’ampiezza di circa 4500 mq. Poco oltre, si incontrano le settecentesche Terme Leopoldine quasi del tutto trasformate con l’intervento di Ugo Giovannozzi tra il 1922 e il 1926. Giunti in fondo a Viale Verdi ci troviamo di fronte all’imponente facciata dello Stabilimento Tettuccio anch’esso restaurato dal Giovannozi che ricompose la facciata originaria all’interno dello Stabilimento. Il Tettuccio rappresenta una vera città termale con parchi, caffè, concerto e negozi. Interessanti sono le decorazioni dei vari padiglioni che arricchiscono la sontuosità dello stabilimento, dalle ceramiche della Galleria delle Bibite di Basilio Cascella, agli affreschi di Giuseppe Moroni nella sala di scrittura e di Giulio Bargellini e Maria Biseo nel salone del Caffè, fino alle decorazioni di Ezio Giovannozzi nella cupola della tribuna dell’orchestra coperta con tegole a squame in maiolica della Manifattura Chini. A lato della Sorgente Tettuccio Giovannozzi ristrutturò lo Stabilimento Regina, di fronte a questo troviamo la fontana di Raffaello Romanelli del 1925 con il soggetto dell’airone e la rana, simbolo di Montecatini Terme.
Non lontano dallo Stabilimento Tettuccio sempre all’interno del parco cittadino è possibile visitare le Terme Tamerici, ristrutturate nel 1910 da Giulio Bernardini e Ugo Giusti oggi sede del “Circolo Culturale Tamerici”. Galileo Chini realizzò all’interno i pannelli, i banconi, le vetrate e i pavimenti della vecchia sala di mescita. La visita si può concludere con il “Grand Hotel & La Pace” costruito nella seconda metà dell’800 e più volte trasformato. Nel 1904 venne inaugurato il salone delle Feste affrescato dal Chini autore anche dei disegni per le vetrate della vecchia hall.
A Montecatini Terme si possono trovare anche splendidi esempi di stile Liberty fra edifici privati come Villa Agatina su viale Puccini, che possiede vetrate e decorazioni ceramiche della Manifattura Chini. Progettata nel 1919 dall’architetto Giustiniani, ha una struttura armoniosa con raffinati elementi decorativi. Un’altra villa in stile Liberty costruita intorno agli anni venti è il villino de “Il Rinfresco” in viale IV Novembre.
Punto di partenza è piazza Castello. Percorriamo via Pietro Micca, che porta il nome dell’eroe della Battaglia di Torino del 1706 e unisce piazza Castello a piazza Solferino. È fiancheggiata da portici sul lato destro e quando fu progettata, alla fine dell’Ottocento, fu chiamata la Diagonale, perché era la prima strada del centro antico a interrompere l’impianto ortogonale dovuto alle origini romane della città. A destra possiamo vedere le viuzze del centro storico, con antichi palazzi e cortili, Casa Bellia di Carlo Ceppi, ornata da bovindi e da torrette e palazzi con decorazioni liberty ed eclettiche.
A sinistra ci sono le vie XX Settembre e Arsenale, dove molte banche hanno la loro sede, la Chiesa di San Tommaso, fra le più antiche della città, che fu ridimensionata al momento della costruzione della Diagonale, affinché questa avesse un tracciato perfettamente diritto.
Ecco ora piazza Solferino, che porta il nome della battaglia vinta da Napoleone III durante la seconda guerra d’Indipendenza. Qui un tempo si teneva il mercato della legna. Vi si trovano la fontana delle quattro stagioni, detta anche l’Angelica, costruita da Giovanni Riva nel 1930, il Teatro Alfieri del Panizza, costruito nel 1857, usato all’inizio per spettacoli a cavallo, il monumento equestre del Balzico che rappresenta Ferdinando Duca di Genova, figlio di Carlo Alberto (1887). Il cavallo è rappresentato molto realisticamente mentre stramazza al suolo per la fatica, durante la battaglia della Bicocca presso Novara, al termine della prima, disastrosa guerra d’Indipendenza. In uno degli edifici che si affacciano sulla piazza fu fondato il quotidiano “La Stampa”.
Proseguiamo lungo via Cernaia, il cui nome ricorda un fiume della penisola di Crimea. A destra, nei Giardini Lamarmora c’è la statua del generale Lamarmora (Cassano, 1867), fondatore del Corpo dei Bersaglieri.
Poco dopo, a sinistra, ecco il Mastio della Cittadella. Dopo il suo arrivo a Torino Emanuele Filiberto fece costruire qui dall’ingegnere militare Francesco Paciotto da Urbino una grande fortezza a forma di stella, considerata un mirabile esempio di sistema difensivo in Europa, con chilometri di gallerie di mina sotterranee. La cittadella ebbe un ruolo importantissimo nella difesa della città. Oggi rimangono il Mastio, sede del Museo di Artiglieria e lunghi tratti di gallerie sotterranee (Museo Pietro Micca). Davanti alla Cittadella c’è un cannone, forse proveniente dalla battaglia di Lepanto e la statua di Pietro Micca, l’eroe che, durante l’assedio di Torino del 1706, impedì all’esercito francese del Re Sole di invadere la città passando per le gallerie sotterranee.
Dopo la Caserma Cernaia, sede della Scuola Allievi Carabinieri, raggiungiamo la stazione di Porta Susa, il cui nome ricorda quello della Porta Segusina, una porta romana che si trovava non lontano di qui, al termine del Decumanus Maximus. Sulla piazza antistante un piccolo monumento del Ceragioli e Biscarra ricorda Ascanio Sobrero, inventore della nitroglicerina.
Svoltiamo a destra in corso San Martino e raggiungiamo piazza Statuto, il cui nome ricorda la concessione dello Statuto da parte di Carlo Alberto il 4 marzo 1848; con esso il Piemonte ebbe, primo in Italia, un Parlamento. La progettò il Bollati, con portici su tre lati.
Il monumento al centro della piazza ricorda il traforo del tunnel ferroviario del Fréjus tra Francia e Italia, realizzato al tempo di Cavour e di Napoleone III. Fu eseguito con la collaborazione dagli allievi dell’Accademia Albertina; il Genio alato posto sulla cima è opera del Belli.
Un piccolo obelisco, seminascosto dagli alberi, indica un estremo della base geodetica per la misurazione della latitudine di Torino che il matematico Cesare Beccaria individuò in questo punto; a Rivoli sorge un obelisco che indica l’estremo opposto.
Da piazza Statuto inizia corso Francia, grande arteria che termina in Valle di Susa, progettata dal Garove per Vittorio Amedeo II nel 1711 per collegare Rivoli al Palazzo Reale, ma realizzata soltanto al tempo di Vittorio Emanuele II.
Nel primo tratto che attraversa il quartiere Cit Turin si trovano numerose case liberty, stile dominante all’inizio di questo secolo, epoca delle costruzioni di questa zona. Vi si trovano ville familiari e case “da reddito”.
Tra i più begli esempi di Liberty in corso Francia 8 c’è il Villino Raby, cosi chiamato dal nome dei proprietari, mentre all’angolo con via Principi d’Acaja sorge Casa La Fleur, che porta il nome della moglie di Piero Fenoglio, che l’aveva costruita per sé e per i suoi familiari.
In corso Francia 23 l’attenzione è attratta dal Palazzo della Vittoria, costruito dal Carrera nel 1925: lo caratterizza un grande portone goticheggiante, fiancheggiato da due draghi alati.
Molte altre case liberty si possono ammirare nelle strade adiacenti (in via Beaumont, via Piffetti, via Bagetti) nel quadrilatero via Bossi, via Le Chiuse, via Goffredo Casalis, via Cibrario, come pure in altre zone della città. All’inizio del secolo, infatti, Torino era considerata la “capitale del liberty”.
L’itinerario, si snoda tra il centro e vie limitrofe a Piazza Vittorio Emanuele e Via G. B. Fardella. Il Liberty (o Modernismo) trapanese si sviluppò intorno agli anni Venti del Novecento e ha lasciato tracce eleganti e visibili grazie all’opera di Francesco La Grassa, architetto trapanese attivo in tutta Italia.
Incontro presso l’ingresso della Casina delle Palme su Vico Pesce e visita dell’interno;
h. 10.30: Spostamento in Via Garibaldi presso la Cassa di Risparmio “Vittorio Emanuele” di Ernesto Basile;
h. 11.00: Visita al Palazzo delle Poste su Piazza Vittorio Veneto, di fronte al Palazzo D’Alì (Edificio comunale)
h. 11.30: Spostamento in Via XXX Gennaio e sosta illustrativa del Palazzo Montalto;
h. 12.00: Trasferimento nella vicina Via Osorio e sopralluogo a Casa La Barbera;
h. 12.30: Spostamento in Via Vespri per la visita di Casa Ferrante.
h. 13.00: Conclusione del percorso guidato.
Palazzo Ferrante
Palazzo Ferrante, costruito nel 1908, è un tipico esempio del Liberty trapanese. L’edificio presenta una facciata colorata di verde con aperture con balconi allineati al primo e secondo piano e con eleganti cornici alle finestre, complesse mensole, ferri battuti
nei balconi e preziose ceramiche policrome. Da vedere anche Palazzo Poste e telegrafi e Villa Laura.
Palazzo delle poste
Iniziato nel 1922 su disegno dell’ingegnere Francesco La Grassa quale sede delle Poste, fu ultimato nel 1927. Il palazzo denota uno stile liberty provinciale, riscontrabile anche nella distribuzione interna dei vani e nell’arredamento. Lo spirito liberty dell’edificio è presente in ogni elemento, ancora integro, nei singoli oggetti d’arredo, nelle vetrate colorate, nelle decorazioni in ferro. E’ un edificio a tre elevazioni, con pronao rettangolare, intelaiato da una teoria d’archi incassati a sesto acuto, sostenuti da lesene, che partendo da terra, inquadrano le aperture.
Il Molino Excelsior a Valderice
Il Molino Excelsior, oggi testimonianza di archeologia industriale e sede di congressi ed eventi culturali, è stato costruito nel 1904 ed è un esempio degli edifici in stile liberty presenti a Valderice.
Favignana
In quest’isola, la Tonnara Florio, è un esempio dell’ archeologia industriale tipica dello stile Liberty.
Siti da visitare per la provincia di Trapani:
www.apt.trapani.it
www.comune.valderice.trapani.it
www.provincia.trapani.it
www.prolocovalderice.it/mulini
Anche a Licata l’affermarsi dello stile Liberty è associato alla classe borghese, cioè a famiglie ricche che vollero promuovere la costruzione di dimore e ville signorili. Da ricordare la villa Sapio (1902), Villa Urso (1907), la villa Verderame (oggi Bosa) del 1916 ma anche edifici cittadini come casa Re-Grillo, Palazzo di Roberto Verderame e Palazzo Vitello. L’architetto Basile fu incaricato di progettare la bella torre dell’orologio civico.
Villa Maria a Casteltermini
Villa Maria, in contrada Borgesi località Casteltermini , è una casa signorile, costruitaintorno al 1800 e circondata da un meraviglioso parco, che nel ‘900 ha acquisito un aspetto tipico dello stile Liberty. Alla sua progettazione ha lavorato anche l’architetto Ernesto Basile. Annessa alla villa, la cappella presenta anch’essa uno stile misto liberty e moresco.
A Sciacca è possibile visitare una proprietà privata Liberty in Via Roma e in Corso Vittorio Emanuele si può notare una palazzina bianca dove ha sede il bar Santangelo.
Mentre nella città di Canicattì si può visitare il Teatro Sociale progettato da Ernesto Basile nel 1899.
Siti da visitare per la provincia di Agrigento:
www.agrigentoweb.it/aapit
www.cooppenelope.it/castelterm
Palazzo Bruno di Belmonte ad Ispica
Palazzo in stile Liberty dalle dimensioni imponenti è oggi la sede del Municipio. Fu progettato e realizzato dall’architetto palermitano Ernesto Basile.
Anticamente nota con il nome di Spaccaforno, Ispica sorge su un altopiano calcareo a 170 m s.l.m.
La città è di origine antichissima e deriva il suo nome dalla parola greca ypsos (calce) a causa di una vicina cava di calce che vaniva sfruttata già durante il periodo greco. Il nucleo primitivo dell’agglomerato è di origine medievale e sorge alla base della rocca che accoglie i resti dell’antica fortezza. A seguito delle distruzioni del terremoto del 1693 la città è risorta in direzione dell’altopiano con la caratteristica maglia ortogonale di impianto settecentesco. La città ebbe un periodo molto vitale in epoca rinascimentale e appartenne sino al 1450 circa alla Contea di Modica e alla famiglia Chiaramonte. In seguito passò in mano alla famiglia Caruso di Noto e in ultimo agli Statella. Di grande interesse architettonico sono gli edifici liberty di inizio secolo, tra i quali il superbo palazzo Bruno di Belmonte, Progettato da Ernesto Basile nel 1906, che influenzerà fortemente l’architettura ispicese successiva.
A valle della città si trova il parco archeologico Forza. In una gola calcarea che si dipana fino a Modica, sullo sfondo di uno scenario naturale di aspra bellezza sorgono insediamenti di vari periodi, dall’età del bronzo al medioevo. Sul fondo della valle, ai piedi del parco sorge la chiesa rupestre di Santa Maria della Cava, di origine paleocristiana, che custodisce preziosi affreschi bizantini.
Nel 1935 Spaccaforno si riappropria dell’originario nome Ispica che aveva perduto in epoca medievale.
Palazzo Piazzese a Vittoria
Oggi grosso centro agricolo, questa città che ha pochi monumenti di importanza storica, presenta sia nelle facciate delle abitazioni signorili sia in quelle più modeste un diffuso stile Liberty. Da ricordare Palazzo Piazzese, con sculture in stile Liberty nella facciata.
Fondata nel 1607 da Vittoria Colonna figlia del vicerè Marcantonio Colonna e moglie di Luigi III Enriquez di Cabrera, conte di Modica, con il dichiarato scopo di riunire ed unificare tutti gli abitanti dei paesi vicini alla riva del fiume Ippari per avviare una produzione agricola che fornisse prodotti a tutta la conta di Modica, alla quale appartenne sino al 1812.
A differenza di tutti gli altri paesi della contea, Vittoria non subisce gravissimi danni dal terremoto del 1693, grazie anche alla modernità degli edifici. Purtroppo uno dei pochi edifici a lesionarsi è la chiesa Madre che viene ricostruita in zona più centrale.
Nell’800 la città comincia ad avere vocazione industriale, anche se in riferimento soprattutto ad industrie di conservazione e trasformazione dei prodotti agricoli prodotti. Si sviluppa in questi anni la piccola borghesia che darà in seguito grande impulso economico alla città.
Costruita con una peculiare pianta ortogonale a scacchiera è caratterizzata anche dalla presenza di interessanti edifici barocchi tra cui la chiesa della Madonna delle Grazie e quella di S. Giovanni. Lo stile che predomina in città è comunque senza dubbio il liberty, come può vedersi dalle decorazioni e i fregi di molti palazzi privati e pubblici. Merita una visita la centralissima Piazza del Popolo con il teatro comunale accanto alla Chiesa delle Grazie.
Di notevole rilevanza è il mercato ortofrutticolo, uno dei più importanti d’Italia, che raccoglie le primizie ottenute dalle coltivazioni in serre tipiche della zona, le quali costituiscono oggi il tipo di coltivazione predominante a fronte di quella dell’olivo o delle uve, e che assume importanza anche per essere stato un importante strumento che ha consentito ai piccoli braccianti agricoli di uscire dal latifondo.
Palazzo Musso a Pozzallo
Il Liberty di Pozzallo oltre ad essere una località turistica, presenta alcuni monumenti di interesse artistico. Da ricordare palazzo Musso, del 1926, con elementi in stile Liberty.
Pozzallo è uno dei più antichi borghi marinari della zona. Alcuni ritrovamenti archeologici testimoniano un insediamento già in epoca bizantina. Il geografo AI Idrisi ha documentato come durante la dominazione araba Pozzallo (Al Pusalli) fosse un importante scalo per i dromoni, le galee incendiarie arabe. Il nome probabilmente deriva dalla presenza lungo la costa di pozzi di acqua dolce che servivano per l’approvvigionamento delle navi di passaggio.
Durante la dominazione di Manfredi di Chiaramonte si da inizio alla costruzione di un importante “caricatore”, ovvero un complesso di magazzini adiacenti allo scalo per lo stoccaggio delle merci da imbarcare.
Nei primi anni del 400, sotto il dominio dei Cabrera, Il caricatore, divenuto importante per i fiorenti traffici con Malta, venne ingrandito ed ottenne il privilegio di riscuotere le gabelle. In questo periodo a causa dei pirati, che infestavano le coste della contea per depredare villaggi, Giovanni Bernardo Cabrera ottenne il permesso dal re Alfonso V d’Aragona di costruire una torre a difesa del caricatore di Pozzallo nel 1429.
Durante il terribile terremoto del 1693 la torre crollò, ma venne immediatamente ricostruita con l’aggiunta di una piattaforma merlata ed assunse l’aspetto odierno. Nel 1829 Pozzallo fu eretto a comune autonomo con decreto di Francesco I di Borbone, Re delle due Sicilie.
A partire da questi anni la città inizia ad avere una importante crescita urbana sviluppando la settecentesca maglia ortogonale, e abbellendosi nei primi anni del 900 con pregevoli esempi di liberty siciliano.
Pozzallo è oggi il più importante porto della provincia, vera e propria porta verso l’isola di Malta, a cui è collegato con un servizio di aliscafi.
La cittadina è inoltre nota per aver dato i natali a Giorgio La Pira.
Siti da visitare per la provincia di Ragusa:
www.ragusaturismo.it
www.sicilia.indettaglio.it/ita/comuni/rg
www.sicilyweb.com/pozzallo/
www.conteadimodica.com
Il 3 aprile 2013 è stato celebrato il 150 ° anniversario della nascita di Henry Clemens Van de Velde. Nel 1910, quando aveva 47 anni, è stato invitato a partecipare ad un concorso di architettura per la creazione di una Chiesa parrocchiale di San Pietro e l’alloggio compreso a Riga.. A quel tempo Van de Velde, che all’epoca lavorava presso la scuola di Weimar, che in seguito divenne la rinomata Scuola Bauhaus di Architettura, stava vivendo uno swing nel suo approccio di architettura. Il progetto Riga sarebbe rimasto un evento minore, se non fosse spuntato due volte nel mito che circonda Van de Velde. Sono queste due istanze che hanno ispirato questa mostra.
La prima volta che appare il progetto Riga è in un più famosa foto che mostra il maestro al lavoro nel suo studio di Weimar, mentre lui sta progettando i piani della canonica. Il secondo riferimento può essere trovato nei suoi Geschichte meines Lebens dove descrive i suoi viaggi a Riga come un tipico esempio di una esperienza di confronto culturale che non ha ancora perso la sua attualità. Le foto di Alnis Stakle visibile in questa mostra cerca di illustrare questa storia controversa della bellezza ‘onesta’, che Van de Velde appello a.
L’edificio è stato costruito nel 1912 sulla via Valnu 22 a Riga, durante la seconda guerra mondiale l’edificio fu distrutto.
A pochissima pressione di questa mostra è stato realizzato il modello della costruzione.
In collaborazione con la H. M. Sig. Frank Arnauts – Ambasciatore del Regno del Belgio in Lettonia, il signor Koen Haverbeke, rappresentante del governo fiammingo, e Università di Gente, VG Kvadra Pak, Jaga, Deltalight, gruppo Vandersanden, Fiandre stradale, Istituto di Goethe in Lettonia, lo Stato Culture Capital Foundation, la Biblioteca Nazionale di Lettonia, della Biblioteca dell’Università di Lettonia, la mostra è stato creato da campionamento, curatore Manten Devriendt, fotografo Alnis Stakle, gruppo di lavoro: Liene Jākobsone, Kārlis Narkēvičs, Jonas Apers, Prof. dr . Maarten Van Den Driessche, Prof. dr. Dirk De Meyer, Riga Art Nouveau Centre.
Il Museo di Riga, Art Nouveau è stato inaugurato il 23 aprile 2009. Si trova in un appartamento in cui le eccezionali architetto lettone Konstantin Pēkšēns (1859 – 1928) ha vissuto fino al 1907.
L’edificio è stato costruito nel 1903 come residenza privata K. Pēkšēns ‘. Il progetto è opera di se stesso K. Pēkšēns insieme Eižens Laube, allora studente di architettura. L’edificio si distingue per le dimensioni estremamente potenti e silhouette espressiva. I rilievi ornamentali, abilmente integrati nella forma architettonica, offrono motivi stilizzati dalla flora e la fauna locali – aghi di abete e pigne e scoiattoli. L’edificio dispone di una scala a chiocciola con dipinti sul soffitto ornamentali, molto probabilmente disegnato dal prominente dell’artista lettone Janis Rozentāls. Questa scala Art Nouveau è tra le più impressionanti non solo a Riga, ma anche l’intera Europa.
L’interno autentico del 1903 è stato ristrutturato nel museo. Indagine dei locali è stato avviato nel 2007, quando la decorazione interna originale è stato rivelato e registrato. I lavori di ristrutturazione sono stati fatti 2008-2009 sotto la guida del maestro restauratore Gunita Čakare.
La visualizzazione attuale del museo mostra gli arredi caratteristici di un appartamento di un abitante Riga all’inizio del 20 ° secolo. L’autore di questo progetto d’interni è l’architetto Liesma Markova.
Nel 2010 una mostra digitale verrà aperto in base piano dell’edificio.
La mostra mette in mostra l’atmosfera letteraria, artistica e musicale del Gatto Nero, famoso cabaret di Montmartre La Belle Epoque di Parigi guidata dal suo proprietario grassetto Rodolphe Salis (1851-1897). Opere di Henri Toulouse-Lautrec, Edouard Vuillard, Théophile-Alexandre Steinlen, i Nabis e simbolisti vi immergerà nel mondo dello spettacolo e artistico bohemien di Parigi di fine secolo.
Apertura libera: 26.06 – 18:30> 09:00
Dal 26 giugno al 15 settembre 2013
Catalogo della mostra:
Phillip Dennis Cate, Luce Abélès, Diana B. Schau, Michela Niccolai Autour du Chat Noir. Arts et plaisirs à Montmartre. 1880-1910
Skira-Flammarion, 24x28cm, 200 illustrations couleurs, 25,50€.
Mentre noi spesso indossa la fine fine qualificatore XIX del secolo, a causa della sua filosofia, in particolare decadente, descrive il primo decennio del XX Belle Epoque per il suo senso di ottimismo e di entusiasmo volontaria [...] .
Il poeta Emile Goudeau, uomo altamente organizzato e fantasioso, che ha compiuto, la creazione del gruppo di poeti e scrittori Hydropathes piccole riunioni improvvisate in una scala di moda [...].
Alla fine del 1881, i Hydropathes guidati da Goudeau, si stabilì a Montmartre e fatti il Gatto Nero, aperto di recente da Rodolphe Salis, il loro quartier generale. Montmartre divenne la spesa del Quartiere Latino, il teatro principale delle attività moderniste [...].
Presentato al momento come uno stile del cabaret fondato da Luigi XII di un impostore, il primo Black Cat ha aperto nel novembre 1881 a 84 Boulevard Rochechouart, in luogo di un ex ufficio postale [...].
Il cabaret era piuttosto piccola. Esso consisteva in due piccole stanze in fila, che riusciva a malapena a contenere una trentina di persone.
In un primo momento, la stanza sul retro, poco invitante e scarsamente illuminata, attirato pochi clienti. Salis ha risolto il problema con uno di questi giri parodia di humbug ispirazione che aveva un segreto: ha chiamato questa piccola stanza buia l’Istituto in riferimento alla famosa Accademia di Francia, che si trova sulla riva sinistra, e riservato , in esclusiva, artisti, scrittori e musicisti hanno usato la struttura.
Sotto la direzione di Salis, e grazie al talento di scrittori e artisti, Il gatto nero e il suo giornale sono stati ben presto un successo incredibile, sia popolare e finanziariamente.
Nel giugno 1885, il Salis era in grado di trasferire la sua pensione in un bellissimo edificio di tre piani finemente arredato la Rue Victor Massé (ex rue Laval), situata a pochi passi dal centro del gatto nero, che era, nel frattempo , presa dal cantante Aristide Bruant e ribattezzato The Kazoo.
All’ingresso del secondo gatto nero era un segno giallo e nero che ha esortato il moderno modo di essere!
Drents Museum, Brink 1, 9401, HS, Assen The Netherlands
Una raccolta di 70 pezzi del Grafische Sammlung dal Landesgalerie Linz, in Austria, dal titolo “Liriche Lines” sarà esposta nel Museo Drents dal 29 giugno fino al 22 settembre.
Pezzi di Klimt, Kokoschka, Schiele, Kubin, Brosch, Egger-Lienz, Faistauer e Wach verranno visualizzati al piano superiore della nostra sezione Art 1885-1935. La mostra ‘Linee Lyrical’ fornisce una ricca immagine di estremamente colorato e versatile carta di arte austriaca nei primi due decenni dopo il 1900.
Felicità paradisiaca
Con le loro linee delicate ed eleganti, artisti come Schiele, Klimt e Kokoschka ci gettano indietro ai primi diciannove centinaia, in cui una grande varietà di nuove idee e impulsi freschi procedeva tra loro molto rapidamente. Nel 1897, un gruppo di artisti capeggiati da Gustav Klimt, si separarono dalla corrente principale movimento artistico di quel tempo. Si chiamavano la Secessione, il che significa la separazione. Il loro obiettivo era quello di rinnovare. Anche se questi artisti non avevano un programma stilistico insieme, un nuovo stile è nato, in cui gli elementi realistici e decorativi fuse ed intrecciate. Influenzato dal movimento simbolista, questi artisti sono concentrati sui sogni e fantasia, e si prefiggono di ritrarre nostalgia dell’uomo per la felicità paradisiaca, spesso nella forma di donne angeliche. Dieci anni dopo la Secessione, la prossima generazione è entrato in azione: espressionisti come Schiele e Kokoschka lasciato il paradiso Secessional e un passo indietro nella realtà. La loro attenzione si è spostata verso il tormentato, alla ricerca individuale con tutte le sue fobie e frustrazioni. Il sé interiore e il subconscio sempre fatto la loro strada nelle immagini.
Klimt, Schiele, Kokoschka e dei loro contemporanei non hanno funzionato in modo isolato. Erano circondati da scrittori come Arthur Schnitzler, compositori come Gustav Mahler e Richard Strauss e psichiatrici fondatore Sigmund Frued. Soprattutto Freud e Schnitzler hanno avuto una forte attenzione alla sessualità come una forza trainante per il comportamento umano. Donne seducenti svolgono un ruolo importante nel loro lavoro. Grande varietà di opere
La selezione in mostra nel Museo Drentsch avvolge vari temi: nudi e studi di figure, ritratti, paesaggi, animali e di guerra. Le funzioni delle opere esposte variano da studi per dipinti, bozzetti di posture e tipi, per i disegni autonomi, acquerelli e illustrazioni. La varietà di tecniche è altrettanto grande: vi mostriamo gouaches, disegni, litografie, acquerelli e acqueforti.
DRENTS MUSEUM
Il Museo Drents si trova ad Assen, in Olanda. E ‘stata fondata nel 1854 come Museo Provinciale di Drents Antichità. Dopo lavori di ristrutturazione e l’aggiunta di una nuova ala espositiva progettata dall’architetto Erick van Egeraat, il museo ha riaperto il 16 novembre 2011.
Il museo ha una vasta collezione di reperti preistorici della provincia di Drenthe. Questo include ad esempio bog organismi quali la ragazza Yde, reperti della cultura Funnelbeaker, e la più antica canoa recuperata nel mondo, la canoa Pesse (che risale tra il 8200 e il 7600 aC).
Una dependance contiene camere d’epoca che dimostrano lo stile di vita di ben-to-do le famiglie Drenthe da vari periodi di tempo.
213The museo ospita una collezione di arte realistica contemporanea con artisti come Henk Helmantel e Matthijs Röling.
C’è anche una collezione di arte olandese e Arte Applicata 1885-1935 con il lavoro di Vincent van Gogh, Jan Eisenloeffel, Chris Lebeau, Jan Toorop e Jan Sluijters.
Ruolo nel progetto Partage Più: Il Museo Drents è partner del progetto di digitalizzazione 1500 opere grafiche, quali disegni in stile Art Nouveau e le stampe. Inoltre, il museo offrirà circa 500 immagini tridimensionali di mobili in stile Art Nouveau, vetro, argenteria, gres, ceramica e tessile.
Pinacothèque, 28, place de la Madeleine, 75008, Paris
ART NOUVEAU. La rivoluzione decorativa
Alla Pinacoteca di Parigi, dal 18 aprile 2013 al 8 settembre 2013
Le due mostre visualizzati contemporaneamente in entrambi gli spazi della Pinacoteca de Paris consentono ai visitatori di scoprire la prima retrospettiva di Art Nouveau francese e la sua evoluzione verso Art Déco, attraverso una delle sue icone, Tamara de Lempicka.
Come reazione al classicismo, Art Nouveau non impone alcun obbligo per l’artista. Considerata come l’arte della libertà, si tolse le convenzioni che fino ad allora avevano creatività trattenuto. Le forme codificate, caratteristici di accademismo volato a parte, come se a fare di Art Nouveau una forma d’arte trasgressiva nel cui nucleo erotismo è diventato un ingrediente inevitabile.
Progettato come una forma d’arte totale, in stile Art Nouveau era ovunque. E ‘coperto ogni aspetto della vita. Doveva essere una musica, un suono, un gioco, si è potuto anche coprire la pittura, così come arredi, gioielli, architettura e vetrerie, un riferimento alla natura, alle donne, alle piante: la compenetrazione di tutto in ogni cosa, a condizione che cacciato via austerità e regole.
I nomi più noti in stile Liberty sono tra i più famosi a cavallo del 19 ° al 20 ° secolo. Sono Gallé, Daum, Mucha, Majorelle, Horta, Van de Velde, Gaudí, Guimard, Lalique, Grasset, Steinlein, Ruskin, Klimt o Bugatti. Hanno rovesciato i modelli di vita e trasformano la sua estetica per renderlo più gradevole e decorativo.
Art Nouveau era al suo apice tra il 1890 e il 1905. Divenne rapidamente la base per una produzione abbondante che ha trionfato dopo l’Esposizione Universale nel 1900 e che divenne la base di una denuncia da gli “inventori” del movimento. Sprezzantemente qualificazione Art Nouveau come “spaghetti” o stile “tenia”, i suoi avversari hanno suggerito una nozione di mollezza nelle immagini rigorosamente ornamentali e decorativi che desiderava imporre.
Poco prima guerra mondiale, queste critiche hanno infine condotto ad una evoluzione di stile Liberty verso uno stile decisamente meno sofisticata. Si è indebolito al punto di diventare più geometrica e finalmente ha ceduto il posto in stile Art Deco, che ha assunto dal 1920 in poi. Totalmente denigrato per più di dieci anni, è stato finalmente i surrealisti hanno lavorato verso una riabilitazione di Art Nouveau nel corso del 1930.
La mostra che stiamo mettendo a oggi è la prima retrospettiva francese Art Nouveau a Parigi dal 1960. Un vero e proprio evento, mostra oltre duecento oggetti che, in tutti i settori della vita e delle arti, sopraffatto l’estetica e la cultura mentale del pianeta, che fino ad allora aveva vissuto nei canoni della classicità e l’accademismo per oltre tre secoli. Questa mostra si è concentrata su i fondatori di quel movimento e sui suoi principali creatori, convocando in maniera molto esauriente il meglio della loro produzione, tranne che per l’architettura.
Grazie a Paul Greenhalgh, famoso specialista di Art Nouveau e direttore del Sainsbury Centre for Visual Arts presso la University of East Anglia, Norwich, che ha accettato di portare tutta la sua esperienza per questo progetto come curatore. Grazie anche alla signora Gretha Arwas, moglie del signor Victor Arwas, grande collezionista e autore specializzato in Art Nouveau, così come per il signor e la signora Robert Zehil Mucha, che, grazie alla loro generosa partecipazione hanno reso possibile questa mostra.
L’itinerario riproduce fedelmente la scelta attuata da Giovanni Sicher – un architetto attivo durante la fase di urbanizzazione d’inizio secolo dell’isola – in una antologia fotografica pubblicata negli anni immediatamente precedenti lo scoppio della Grande Guerra: l’elenco che ne consegue compone una preziosa testimonianza – in presa diretta, per così dire – della prima urbanizzazione del Lido, quella ancora tutta incentrata sulla destinazione turistica dell’isola. Non a caso l’itinerario si caratterizza per una particolare concentrazione nella zona del ponte delle Quattro Fontane, lungo il canale di accesso alla ex sede estiva del Casinò, nelle immediate vicinanze dell’Hotel Excelsior. Proprio attorno a questo albergo infatti – inaugurato agli albori del secolo scorso – doveva organizzarsi il centro dell’isola, una sorta di nuova area marciana, alla quale la presenza delle procuratie (dette in quegli anni Procuratie del Lido) era un inequivocabile rimando. Ancora una caratteristica che accresce il pregio documentario di questa raccolta: l’antologia fotografica di Giovanni Sicher consente un immediato raffronto a quasi un secolo di distanza tra l’assetto originario e le attuali condizioni di conservazione di queste ville, mostrando – nel caso – quali e quante modifiche e superfetazioni siano nel frattempo intervenute; e, nei casi di demolizione dei manufatti, essa rappresenta una preziosa e rara testimonianza di quel tipo di edilizia e degli esempi perduti.
Fra i tanti percorsi possibili, suggeriti dalle numerose emergenze storiche e artistiche sparse sul territorio del Lido, questo itinerario ripercorre la splendida stagione del Liberty e del Decò, proponendo una passeggiata fra ville, viali e grandi alberghi per tentare una lettura di alcune fra le più significative presenze architettoniche e urbanistiche dell’isola.
Questo percorso è stato elaborato dall’Istituto Statale per il Turismo “F. Algarotti” di Venezia in collaborazione con l’Assessorato al Turismo della Provincia di Venezia.
Il Lido è un’isola un po’ speciale, diversa dalle altre che formano Venezia; qui la vita è dinamica e moderna, non solo perché è ammessa la circolazione di auto, biciclette e moto, ma per un’ aria frizzante e salmastra che ci accoglie appena sbarcati, è la presenza del mare che si avverte subito: l’Adriatico è li a pochi metri con il suo “immenso”.
Vivere al Lido è una “vocazione”; dunque i suoi abitanti, moltissimi i giovani, si sentono un po’speciali e hanno ragione! La sua storia muove dagli antichi splendori della Serenissima per arrivare all’elettrizzante Mostra del Cinema, che ogni settembre fa concorrere le più importanti produzioni cinematografiche e le stars del mondo per la conquista del Leone d’oro.
È facile arrivare al Lido: ogni dieci minuti da S. Marco parte un “battello” e ne bastano altrettanti per giungere a destinazione. Non ci si può sbagliare, è l’ultima fermata.
Sbarcando al Lido, ci troviamo in Piazzale S. Maria Elisabetta; di fronte ci accoglie un lungo viale alberato chiamato trionfalmente Gran Viale che conduce alle spiagge. Percorrendolo si stenta a credere che fino alla metà dell’Ottocento qui non ci fossero che dune sabbiose e desolate, interrotte da pochi campi coltivati ad ortaglie e vigne. La trasformazione urbana e architettonica è stata rapida: iniziata infatti solo negli ultimi due decenni del XIX secolo, giunge all’apice del suo sviluppo intorno agli anni 1910-1920, “epoca d’oro” del Lido, quando l’isola poteva definirsi la più elegante stazione balneare d’Europa.
Si era raggiunto il risultato voluto e perseguito con audacia da alcuni imprenditori veneziani, poi sostituiti da società alberghiere, che avevano compreso e investito sulle grandi potenzialità del luogo.
Percorrendo a ritroso la sua storia, anche attraverso la cartografia storica, si riesce a capire quali altri ruoli aveva assunto nell’epopea della Serenissima. Dal punto di vista strategico il Lido aveva sempre occupato un posto di rilievo per la salvaguardia di Venezia: la sua conformazione allungata, quasi una catena protettiva contro il mare e i nemici, fu sfruttata dalla Repubblica come avamposto difensivo naturale sin dai primordi della sua storia.
Non a caso i più importanti “ingressi” di Venezia dal mare si trovano proprio alle due estremità dell’isola. Il primo a nord estcon il porto “de li do castelli”, è il sistema difensivo più antico, costituito dalle fortezze di S.Andrea (sull’omonima isola) e di S. Nicolò, che fronteggiandosi sbarravano l’ingresso in laguna a qualsiasi imbarcazione nemica.
Il secondo a sud comprende il porto di Malamocco – Alberoni, difeso dal forte omonimo, consolidato nel corso del XVII secolo e ora distrutto .
Sembra esistessero, ab antiquo, anche le fortificazioni intermedie situate in località Quattro Fontane e Cà Bianca, rinforzate e ampliate notevolmente durante la dominazione austriaca tra il 1840 e il 1860. In questo periodo l’isola fu utilizzata quasi esclusivamente come postazione militare, bloccando di fatto qualsiasi sviluppo edilizio. Infatti le servitù militari, alle quali erano soggetti molti terreni, vietavano costruzioni private in muratura e vincolavano quelle di altro genere alle decisioni del presidio, che aveva la facoltà di demolirle senza corrispondere alcun indennizzo ai proprietari. La situazione cambiò radicalmente con la definitiva partenza degli austriaci nel 1866, ma già le prime avvisaglie di un nuovo clima si erano fatte sentire nel 1857 quando un imprenditore di Pellestrina, Giovanni Busetto detto “Fisola” aveva fatto costruire, su progetto di Ludovico Cadorin, il primo Grande Stabilimento Balneareal Lido, intuendo le potenzialità di quest’isola dotata di uno straordinario affaccio al mare e di un’altrettanta straordinaria vicinanza a Venezia.
Sbarcando a S. Maria Elisabetta si ha un’idea di quelle che già le mappe del XVI secolo evidenziavano come le direttive viarie principali. A destra, l’attuale via Sandro Galloera un viottolo militare che congiungeva la località di S. Maria Elisabetta ai forti dei Quattro Cantoni (poi Quattro Fontane) e degli Alberoni, mentre l’attuale Gran Viale,era all’epoca un sentiero largo appena due metri che metteva in comunicazione l’approdo lagunare con l’arenile. Questa pista, inoltrandosi fra ortaglie disordinate e fossi da pesca, a tre quarti del suo percorso si inerpicava su un’altissima duna sabbiosa e, ancora nell’Ottocento, i primi frequentatori dello stabilimento bagni dovevano affidarsi a un servizio di somarelli addobbati con sonagli e campanelli per valicarla.
Solo qualche anno più tardi la duna fu spianata e la strada allargata per consentire il passaggio di carri e carrozze e nel 1905 anche del tram elettrico a due corsie.
Si è già accennato allo stabilimento balneare del “Fisola”, in realtà poco più di una enorme baracca in legno con loggetta esterna balaustrata e ricco padiglione con sedili e tavolini, inaugurato il 4 luglio del 1857. Ebbene, proprio a causa delle leggi sulle servitù militari, questo fabbricato fu abbattuto a due anni dalla sua costruzione, ma ormai i servizi che erano stati garantiti dal Comune di Venezia (anche se il Lido continuò a far parte del poverissimo Comune di Malamocco fino al 1883) continuarono ad essere erogati. Il Lido, così, poteva disporre di un regolare servizio di traghettoda S. Maria Elisabetta a Riva degli Schiavoni, realizzato dapprima con imbarcazioni a quattro rematori in grado di trasportare fino a 16 passeggeri all’ora, in seguito con una vaporiera militare (l’Alnoch), affittata dall’Ammiragliato. La nuova “Società Bagni Lido” che nel 1872 aveva rilevato a poco prezzo quella del “Fisola”, acquistando anche un’estesa rete di terreni fra il cimitero israelitico e il Forte delle Quattro fontane, iniziò un vasto programma di interventi edilizi continuato poi dalla CIGA, (Compagnia Italiana Grandi Alberghi) che subentrò a questa pochi anni dopo.
Sotto la direzione di un uomo straordinario, il cav. Nicolò Spada, che decise di inventare ex novo, su un terreno praticamente vergine, la più elegante cittadina balneare d’Europa, furono tracciate strade sinuose, secondo i dettami del nuovo stile liberty e spaziosi viali alberati; furono disegnati giardini e aiuole, interrati fossi insalubri e scavati profondi canali per permettere alle imbarcazioni da turismo di raggiungere ville e alberghi che stavano sorgendo in prossimità dei posti più suggestivi. Tutto quello che il tessuto architettonico di Venezia, cosi legato ai moduli storicistici non consentiva, fu sperimentato al Lido, dove gli stessi architetti che nel centro storico si attenevano a un rigoroso stile neo-gotico o neo-bizantino, qui aggiornavano il loro linguaggio inserendo quelle movenze liberty e secessioniste che ormai erano diffuse nel resto d’Italia.
La Sovrintendenza di Venezia ha ritenuto di assoggettare al vincolo del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali alcuni edifici, di particolare valore, che costituiscono pertanto un itinerario particolare, quello caratterizzato dalle priorità riconosciute. Tale elenco è però destinato ad accrescersi, man mano che proseguono gli studi e gli approfondimenti che la Sovrintendenza sta compiendo.
Conoscere e scoprire una città vuol dire andare alla ricerca della sua identità più autentica e profonda. Un’identità che si racconta anche attraverso le linee sinuose e complesse dei palazzi di fine ’800. Dimore imponenti e suggestive ornate da stucchi, mascheroni in pietra e ferri battuti che traggono ispirazione dalle forme più ardite e complesse della natura. Case vestite con i colori sgargianti delle maioliche o dai mille riflessi di delicate vetrate, questo è il fascino immutato del Liberty a Milano: palazzi, strade e monumenti che meritano di essere raccontati e riscoperti.
Una città diversa vissuta attraverso l’estro e la creatività degli architetti e degli artisti-artigiani che per primi seppero delineare una precisa evoluzione stilistica e architettonica traducendo in forme, volumi e decori i cambiamenti sociali ed economici della Milano dei primi del ’900. Tra i tanti artefici di questo cambiamento spiccano i nomi di Giuseppe Sommaruga e Alessandro Mazzucotelli, che grazie all’utilizzo di materiali innovativi per l’epoca come il ferro, il cemento armato e il vetro tratteggiarono una nuova dimensione della/ città in equilibrio tra modernità e innovazione, tratti che da lì a poco sarebbero diventati l’essenza di Milano. Partendo da questo presupposto, sono molto orgoglioso di proporvi un percorso, fuori e dentro l’antica cerchia dei Bastioni che passando da Casa Galimberti, superbo esempio di utilizzo della maiolica decorativa, giunge all’ex Kursaal Diana oggi Hotel Diana Majestic o all’imponente e unico Palazzo Castiglioni conosciuto anche dai milanesi come la “Ca’ di ciapp” per le sculture che un tempo ornavano la facciata, per proseguire lungo le belle architetture di Via Mozart e Via Cappuccini tra cui scorgere le famose case Berri Meregalli veri e propri prototipi architettonici di inizio secolo, per proseguire poi sino all’Acquario Civico o al Cimitero Monumentale vero museo all’aria aperta. Questi sono solo alcuni suggerimenti del Liberty a Milano, a voi scoprire il resto alzando semplicemente lo sguardo mentre passeggiate in città.
La Milano del Liberty è un itinerario capace di offrire una visione insolita per chiunque abbia voglia e tempo di uscire e ricercare queste curiosità. Un viaggio per confrontarsi in maniera nuova e curiosa con la storia, la letteratura e la memoria di Milano, apprezzando l’identità, l’arte e l’architettura attraverso la conoscenza dei luoghi e delle loro origini per comprendere al meglio chi siamo e da dove veniamo.
LA SCULTURA LIBERTY: CIMITERO MONUMENTALE Piazzale Cimitero Monumentale
Il Cimitero Monumentale, realizzato da Carlo Maciachini a partire dal 1863, può essere annoverato tra le strutture della città moderna e quando, nel 1895, viene riservato alle sepolture perpetue, i ricchi borghesi desiderosi di consolidare il proprio prestigio non possono che dare una spinta notevole alla produzione degli arredi funebri e incrementarne lo sviluppo. Le scuole d’arte e di architettura d’altro canto sono preparate, l’arte funeraria costituisce in quegli anni materia frequente di esercitazione. Forse è azzardato definire Liberty il prodotto di questo fervore, meglio parlare di simbolismo o verismo scapigliato, tuttavia le connessioni tra architettura e decoro, alcune soluzioni plastiche e scelte iconografiche, possono essere ricondotte direttamente all’esperienza del nuovo stile. Tra tutte, l’edicola Giudici, progettata da Paolo Mezzanotte e realizzata nel 1905, è un vero paradigma del Liberty a Milano. La struttura non è particolarmente innovativa: un parallelepipedo ingentilito dalla sporgenza dello zoccolo e dell’attico nella parte alta, mentre la decorazione è esuberante; rose e rami appassiti si intrecciano come la vita e la morte nella lunetta centrale a mosaico e abbondanti rami di alloro in bronzo si propagano sui lati.
Il contrasto cromatico, enfatizzato anche dai marmi policromi lucidi e opachi, è l’elemento chiave della composizione, tra le più citate nelle pubblicazioni d’inizio secolo dedicate all’ architettura. Espressione di un Liberty più fantasioso ed evocativo è l’edicola Origgi, del 1909, risultato del lavoro comune dell’architetto Boni e dello scultore Grossoni; un monumento pesante che termina a cupola, rinserrato dall’incrociarsi sui lati delle linee rette e curve. Gli elementi scultorei sembrano incastonati nella griglia architettonica e raffigurano foglie di palma e semi di papavero, che raccontano la morte come sogno. Sulla porta bronzea una figura femminile accede all’interno della sepoltura tra foglie di alloro e corolle di girasoli simbolo di gloria e luce divina. Va citata infine l’edicola Toscanini, realizzata dallo scultore Bistolfi nel 1911, che propone una versione ancora differente dello stile.
La struttura, costituita da un semplice parallelepipedo in marmo bianco era destinata ad accogliere le spoglie del figlio del direttore d’orchestra, morto a soli 4 anni. Il decoro, che si limita ad un bassorilievo piatto e stilizzato, racconta le fasi della breve vita del bimbo: la nascita, i giochi dell’infanzia, il dolore e il viaggio. Il risultato è fortemente evocativo e i temi simbolisti si legano ai modi stilizzati e astratti della decorazione levigata di questo Liberty, derivato direttamente dalla Secessione Viennese. Una passeggiata per i viali del Cimitero Monumentale permette di scoprire molto di più e di cogliere tutte le contaminazioni che, in vario modo, intrecciano il modernismo con le altre espressioni artistiche contemporanee, a volte con risultati al limite della bizzarria; un esempio? La sepoltura Pierd’Houy, del 1901, in cui architettura e scultura si intersecano nel modo più fantasioso tra volute fuori scala, angeli di bronzo, echi assiro-babilonesi e draghi dalle fauci spalancate…Liberty? Anche.